Assegno di divorzio, conta anche la convivenza prematrimoniale: ecco come funziona
Non solo gli anni passati insieme dopo aver detto sì, ma anche quelli precedenti. Per la Cassazione nel quantificare l’assegno di divorzio si deve tenere conto anche della convivenza prima del matrimonio. Questa decisione storica tiene conto di un cambiamento della società che riguarda tanti. A noi la spiega l'avvocato Grazia Di Nella dello Studio legale Di Nella.
PERCHÉ È COSÌ IMPORTANTE
Ai sensi dell’art. 5 della Legge sul divorzio, l’assegno divorzile deve essere determinato non solo in base alle disponibilità patrimoniali ed economiche del soggetto obbligato, ma anche alla durata del matrimonio. Insieme all’età di chi ne ha diritto, la durata del matrimonio è uno degli indici di cui il Giudice deve tener conto per stabilire la misura dell’assegno da riconoscere all’ex coniuge privo di mezzi economici propri, e impossibilitato a procurarseli. Ne consegue che quanto più lunga è stata la durata del matrimonio, maggiore dovrà essere l’importo da riconoscere, soprattutto quando occorre compensare eventuali rinunce affrontate dall’ex coniuge per dedicarsi alla famiglia, sacrificando la propria realizzazione personale e la conseguente autonomia economica.
CI SI ADEGUA ALLA REALTÀ DELLE COPPIE
Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione (18 dicembre 2023 con la sentenza n. 35835 ) ha molta importanza poiché sempre più spesso le coppie giungono alla decisione di convolare a nozze dopo una lunga convivenza, nel corso della quale magari nascono anche dei figli per la cui crescita uno dei due conviventi ha sacrificato le proprie aspirazioni professionali.
Gli Ermellini hanno enunciato il seguente principio di diritto: «Ai fini dell'attribuzione e della quantificazione, ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, dell'assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio».
CHE PROVE SERVONO
Al fine della liquidazione dell’assegno divorzile, sarà sempre necessari dare prova che:
a) la convivenza che si è poi vista trasformata in convivenza matrimoniale, aveva i connotati di stabilità e continuità, in quanto i conviventi avevano un progetto ed un modello di vita in comune (analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio, dal quale inevitabilmente discendono anche reciproche contribuzioni economiche;
b) esiste una sperequazione fra i mezzi economici dei coniugi e il coniuge debole ha dato un importante contributo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi sacrificando le proprie aspettative professionali e reddituali.
Senza questi elementi, l'assegno potrà essere riconosciuto solo nei casi in cui il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un'esistenza dignitosa e versi in situazione di oggettiva impossibilità di procurarseli.
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