Fase2: in estate servono prove tecniche di riapertura nidi e scuole infanzia

Mancano indicazioni chiare e fondi specifici per i servizi 0-6. Le richieste, e le proposte, di Assonidi, EduChiAmo, Alleanza per l'infanzia. Gravi rischi per i bambini e aumento della disoccupazione femminile se non si agisce subito.


"I mesi estivi devono servire per fare le prove generali di riapertura di nidi e scuole dell'infanzia". Federica Ortalli, presidente di Assonidi, non ha dubbi. I rischi di arrivare ai primi di settembre senza aver avuto modo di testare i servizi 0-6 anni post Covid-19, sono enormi.

 

Nidi e asili all'epoca del Coronavirus: devono riaprire per scongiurare rischi sui bambini e un forte aumento della disoccupazione al femminile

"Rischi per i gestori, che entro giugno devono avere indicazioni chiare su come organizzare spazi, servizi e sui numeri di bambini che sarà possibile accogliere e che devono avere il tempo per sanificare gli ambienti e per dotarsi dei servizi di sicurezza che saranno necessari", dichiara Ortalli. "E rischi per i bambini, che andranno accompagnati in tutta una nuova fase di ambientamento". 

Secondo la sociologa Chiara Saraceno, coordinatrice dell'Alleanza per l'infanzia, la mancata progettazione e riorganizzazione dei servizi all'infanzia nei mesi estivi comporta un'altra conseguenza pericolosa: "Il rischio che molte donne, soprattutto le meno istruite e meno pagate, escano dal mondo del lavoro".

Le domande che, in questi giorni, si fanno i genitori sono molteplici: riapriranno i nidi e gli asili?, quando?, con che orari?, sarà sicuro mandarci mio figlio? che alternative ci sono per chi già in queste settimane deve tornare a lavorare e considerando che anche il prezioso aiuto dei nonni sembra da escludere? 

 

Sostegno ai servizi 0-6 anni: impossibile vietare la socialità dei bambini puntando solo su congedi parentali e smart working. Le richieste e le proposte del comitato EduChiAmo

"Le risposte, purtroppo, oggi ne le abbiamo", spiega Cinza D'alessandro, portavoce del comitato nazionale EduChiAmo, la rete nazionale apolitica e aconfessionale nata a inizio marzo per sensibilizzare le istituzioni sulle difficoltà che incontrano i servizi privati 0-6 anni a causa dell'emergenza Covid-19 cui, in poche settimane, hanno aderito oltre 5mila persone tra gestori, operatori e genitori in tutto il Paese.

Il rischio, per i nidi privati che secondo Confcommercio nella sola Lombardia rappresentano il 70% delle strutture che accolgono bimbi 0-3 anni, è infatti di non sopravvivere ai mesi di lockdown senza entrate e con costi di locazione, personale e utenze impossibili da sostenere. "Il decreto Cura Italia non contiene interventi a sostegno dei servizi all'infanzia", ci spiega la portavoce di EduChiAmo che ha inviato precise richieste di supporto alle istituzioni, tra cui la possibilità di estendere il Bonus Baby Sitter INPS per pagare la retta degli asili: "Molti genitori, a causa del Covid, non stanno utilizzando i servizi di baby sitter, il buono dovrebbe, a scelta della famiglia, poter essere convertibile anche per pagare rette di nidi, scuole dell'infanzia e altri servizi 0-6".

Possibile immaginare una Fase2 senza servizi all'infanzia alimentato solo da un aumento dei congedi parentali, dello smart working, dei bonus tate, della didattica a distanza o di piccoli "nidi famiglia" in cui sia più facile intervenire in caso di eventuali contagi? Impossibile, tuona Cinzia D'alessandro: "L'esperienza dell'appartenenza a un gruppo, in un ambiente studiato apposta per sviluppare autonomia, socialità e rispetto dell'altro, in presenza di personale specializzato, non è sostituibile. I servizi educativi nei prossimi mesi saranno ancora più necessari di prima perché dovremo curare le ferite dell'animo dei piccoli oltre che dei genitori". 

 

Coronavirus e infanzia: in Lombardia il 70% dei bimbi 0-3 anni è accolto in strutture private a rischio chiusura senza un sostegno adeguato

L'impatto di una non riapertura dei nidi? Assonidi, che già a inizio marzo allertava sul rischio chiusura  del 40% delle strutture private che accolgono i bambini in età prescolare, snocciola i numeri sulla Lombardia e Milano: "Nella regione sono 1400 gli asili nido e le scuole d’infanzia privati, a Milano 250 (più di 120 le strutture convenzionate con il Comune che seguono 5mila bambini). L’offerta dei gestori privati alle famiglie lombarde è molto importante: il 70% dei posti per i bambini da 0 a 3 anni. Gli educatori in tutta la regione sono circa 5mila".

A poco più di un mese da questo SOS, la situazione per i nidi e le scuole dell'infanzia privati di Milano rimane critica. Le strutture, che non hanno ricevuto dall'amministrazione comunale la quota parte delle rette di marzo per i posti convenzionati e che hanno giudicato come irricevibile la proposta del Comune inviata prima di Pasqua agli asili nido in convenzione sulla co-progettazione di servizi a distanza per i bambini che però esclude il ricorso agli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione per il personale  già attivati da molti gestori, si trovano a non poter dare risposte alle famiglie. No, anche da parte della Regione, sulla possibilità di un sostegno con la misura Nidi Gratis. Risultato: ogni realtà prova a trovare accordi con i genitori sulle rette di frequenza e con i locatori sui canoni di affitto senza sapere se, e quando, potrà riaprire. Col rischio che, quando ripartiranno i nidi e le scuole dell'infanzia, nel pubblico non ci sia la capacità per accogliere tutti.

Sulla necessità di un sostegno specifico ai servizi educativi 0-6, pubblici, privati e in convenzione, scende in campo anche l'Alleanza per l'infanzia che propone di integrare  l’art. 48 del Decreto “Cura Italia”, per garantire le risorse necessarie affinché nessuna struttura debba chiudere o ridurre il  personale preziosissimo per accompagnare le famiglie e i minori in questa fase di emergenza e che, nel medio e lungo periodo, chiede di ampliare l'offerta dei servizi per favorire le pari opportunità nello sviluppo dei bambini e la conciliazione famiglia-lavoro dei genitori. La via da percorrere?

COVID E SERVIZI PER L'INFANZIA 0-6 ANNI: UNA SOLUZIONE APRIRE PRIMA I NIDI FAMIGLIA? 

"Questa quarantena sta sgretolando tutte le relazioni che noi educatori abbiamo costruito insieme ai " nostri " bambini. Nonostante la nostra volontà di rimanere in contatto con loro e le famiglie di riferimento, utilizzando canali differenti, è molto difficile per i bambini capire il perché di questa distanza. Il contatto umano a cui sono abituati è venuto a mancare nel giro di pochi giorni".  Parte da qui  Anastasia Mammone, tagesmutter e proprietaria del Nido famiglia "Il Giardino Incantato di Kikù " Milano. E lancia la proposta. "Il mio nido accoglie un massimo di 5 bambini, è un servizio differente da un grande nido e io mi chiedo se eventualmente non fosse possibile pensare di poter far riaprire, in una Fase2 avviata, piccole attività come la mia. So perfettamente che tenere a distanza i bambini tra di loro sarebbe difficile, perché il contatto fisico è fondamentale in questa età, ma con attenzione ed utilizzando i presidi medici sanitari per preservare la loro e la nostra sicurezza, come utilizzando bavaglini, asciugamani monouso per i bimbi e guanti e mascherine per noi adulti. Essendo solo 5 bambini e organizzandomi per un outdoor education, credo che si potrebbe prendere in considerazione".

Servizi all'infanzia nel post coronavirus: studiamo le buone pratiche di Regno Unito, Germania e Svizzera

"Guardiamo a ciò che stanno facendo Regno Unito, Germania e Svizzera, dove i servizi all'infanzia, anche in piena emergenza, sono garantiti ai figli di chi è in prima linea nella lotta al Covid come medici e infermieri", suggerisce Federica Ortalli. Nei prossimi giorni, e in attesa che il governo e le Regioni si pronuncino sulle condizioni e le misure di sicurezza che servono per una riapertura, qualche idea può arrivare da Francia, Danimarca, Svezia e Norvegia che come fase 2 hanno scelto di partire dalla riapertura proprio delle scuole. 


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Un bambino gioca nella scuola dell'Infanzia
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