Rientro in classe: professori cambiate così
Cinque anni in un liceo classico milanese e alla fine? “Ciò che ho sentito, o che mi rimane, è solo un grande vuoto; un vuoto di cui ritengo pienamente responsabili questi anni di scuola”, racconta uno neodiplomato sulle pagine del Corriere della Sera di qualche giorno fa. Una lunga lettera in cui si parla di lacrime e attacchi di panico diffusi, di una scuola in cui conta solo il risultato e non il percorso e che insegna a tirare dritto, sempre e comunque, senza preoccuparsi di chi ti sta accanto. E un accorato appello finale a cambiare il sistema scuola. Ma come? Ne abbiamo parlato con Nathalie Besostri, presidente del centro di sostegno allo studio familyfriendly FormaMi che da anni segue ogni giorno decine di studenti di Milano, con un team di tutor e docenti vicini anche come età anagrafica agli studenti di oggi
INIZIO ANNO SCOLASTICO: STUDENTI E GENITORI COME AFFRONTARE ANSIA E DISAGIO
Partiamo dalla lettera del Corriere. Cosa hai pensato?
FORMAMI: È una lettera che mi ha impressionato, ma non meravigliato. Ci sono ansia da prestazione, paura, veri attacchi di panico. I ragazzi lamentano un’umiliazione continua davanti a prove non soddisfacenti per gli insegnanti. Ad oggi non conosco nessuno che vada volentieri a scuola. Per la maggior parte è un male necessario. E ne mettono in dubbio l’utilità. Al tradizionale “a cose serve il latino?!” è subentrato il “A cosa serve andare a scuola?”. Ci sono sempre più studenti che non sono certi di andare avanti dopo le superiori, perché l’esperienza è stata troppo mortificante.
Crisi di panico e somatizzazioni fisiche tra gli studenti. Perché un tempo non accadeva?
FORMAMI: Se fallisci una prova e l’adulto che dovrebbe avere un ruolo educativo ti restituisce la verifica dicendo “hai fatto schifo” o deridendoti è normale che ti abbatti. Se fallisci una prova e vieni maltrattato hai paura. Hanno paura dell’umiliazione, della mortificazione e non del fallimento. Rispetto ad un tempo forse c’è anche uno scollamento tra scuola e famiglia. Sono sempre meno i genitori super esigenti, che vogliono tutti 8 per sorridere. I genitori si sono ammorbiditi, mentre la scuola è rimasta coerente al vecchio stile genitoriale.
I ragazzi chiedono di cambiare la scuola, ma come?
FORMAMI: Prima di tutto ricordiamo che gli adolescenti non sono ingiusti, riconoscono il valore di chi hanno davanti. Non condannano la severità di un insegnante, ma la mancanza di umanità e di passione. Se gli studenti vedono passione dietro la cattedra rispondono alle richieste. Non dico che la scuola deve intrattenere, ma deve cambiare, come sono cambiati i ragazzi. La loro capacità di attenzione è diversa da quella di 10 anni fa e invece la scuola si ripropone sempre uguale a se stessa, soprattutto nella didattica. Deve arrivare con i contenuti alla maggior parte di studenti e con le lezioni frontali (l’80% del tempo alle superiori) questo non succede. Serve differenziare e fare una didattica di tipo mediativo, cioè coinvolgerli e attivarli in classe, problematizzare i contenuti facendo domande continue durante le spiegazioni.
Cosa consigli ai ragazzi e alle ragazze che iniziano a settembre le superiori?
FORMAMI: Visto che nessuno rimane indifferente all’umiliazione, l’unico modo è mettersi nelle condizioni di essere in pari col proprio dovere sempre, per minimizzare la possibilità di essere accusato. Quindi studiare dal primo giorno e frammentare il lavoro il più possibile. Essere insomma sempre allineato con le lezioni, così da arrivare a verifiche e interrogazioni solo con un ripasso. Altro suggerimento è pensare che niente è definitivo. Ogni studente riceve sempre un’“etichetta”, che è difficile da modificare. Ma i professori possono essere diversi un anno dall’altro e si può sempre cambiare scuola. A volte è meglio fare così che lottare contro ingiustizie e mortificazioni per anni.
E i genitori cosa possono fare?
FORMAMI: Se ci sono problemi sempre meglio cercare la via diplomatica con i professori. Con loro mamme e papà condividono l’intento educativo. Fare la guerra e litigare non ha senso. Consiglio anche sempre di conoscere i professori e farsi conoscere, prima che arrivino i problemi. Una famiglia che segue uno studente è un interlocutore per un professore. E come suggerivo ai ragazzi…se proprio non si trova la soluzione. Si cambia scuola.
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