Scuole chiuse: qual è l'impatto socio economico? Specie per le donne?
Scuole chiuse, dai nidi alle superiori. E i genitori al lavoro. Come si fa? Era proprio necessario? Mamme e papà scendono in piazza. Sono decine le proteste in questi e nei prossimi giorni (trovi tutti gli appuntamenti in agenda). Abbiamo girato a 4 esperti le domande che tutti noi ci stiamo facendo
- Su quali evidenze scientifiche si sono chiuse le scuole e lasciato aperto tutto il resto? Risponde il medico Vittorio Agnoletto
- Che danni provoca questa chiusura a bambini e adolescenti? Risponde il pedagogista Daniele Novara
- Non c’era un piano B, per evitare la chiusura? Risponde la sociologa Chiara Saraceno
- Qual è la ricaduta socioeconomica? Risponde l’economista Azzurra Rinaldi
SCUOLE CHIUSE: LE CONSEGUENZE ECONOMICHE E SUL MONDO DEL LAVORO
“I dati dell’ International Labour Organization dicono che prima della pandemia ogni donna italiana spendeva 5 ore e 5 minuti al giorno in attività di cura non retribuita. Dopo il covid c’è stato un aumento di 15 ore settimanali. Tradotto vuol dire che le donne con scuole chiuse e covid dedicano 8 ore e 5 minuti al giorno a attività di cura non retribuita. Ecco gli effetti sul mondo del lavoro e dell’economia nel nostro Paese”, inizia con i numeri Azzurra Rinaldi, economista, professoressa alla Unitelma Sapienza, Head of The School of Gender Economics,
La chiusura delle scuole ha un costo socioeconomico soprattutto sulle donne quindi?
In Italia ci sono 3milioni di madri lavoratrici e 1,5 hanno bimbi che necessitano di accudimento. Le famiglie quando scelgono chi si prende cura dei figli scelgono le mamme per motivi anche condivisibili. Si sacrifica in una coppia etero quello dei due che guadagna meno (le mamme) ha meno prospettive di carriera (le mamme) ha più spesso contratti flessibili (le mamme). Quindi quando le scuole chiudono sono le mamme che si prendono cura dei figli. E così i dati di dicembre 2020 ci parlano di 101mila persone che hanno dovuto rinunciare al lavoro, di questi 99mila sono donne
Smart working, congedi e bonus babysitter. Ci sono misure annunciate per i prossimi mesi, non bastano?
Fino a 100 euro a settimana in base a ISEE significa che se assumo una tata in una settimana mi copre 6 ore di lavoro, cioè neanche una giornata lavorativa Questo fatto che si continui a legare a ISEE fingiamo di ignorare che siamo un paese che ha il più elevato tasso di evasione al mondo. Le famiglie che hanno due redditi dichiarati non avranno mai accesso a queste misure.
È un problema solo delle donne?
No, è un problema per l’Italia. Siamo un Paese che ha chiuso il 2020 con una perdita del PIL quasi del 9%. C’è uno studio della Banca d’Italia che dice che se il 60% delle donne italiane in età lavorativa fosse davvero occupata il PIL aumenterebbe del 7%. Quindi? Un Paese che se fa leva soltanto su meno della metà della popolazione per creare ricchezza si sta avviando verso la povertà e l’inverno demografico. Sempre meno figli (non ce li possiamo permettere) e sempre meno ricchezza pro-capite e quindi per lo stato. I paesi in cui le donne lavorano sono paesi in cui si fanno più figli, in cui ci sono più redditi che vanno allo Stato e lo Stato può fornire più servizi. Se svincoliamo la forza lavoro femminile alimentiamo un circolo virtuoso….
Cosa serve?
Senza scuole serve welfare, serve tutto quello che permette alle donne di non fornire 8 ore al giorno di Cargiving. Servono Nidi, scuole tempo pieno (alle medie a 14 anni la mollo da sola a casa) calendario scolastico diverso, tre mesi di vacanza non sono ammissibili. Servono delle misure per tutte le categorie di lavoratori. E serve che le risorse in arrivo siano spese ma nel modo adeguato, per creare maggiore impatto moltiplicativo. Devono alimentare un processo virtuoso che crei il massimo possibile di reddito e di occupazione. Vanno spesi valorizzando sempre il 51,4% della popolazione, le donne
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