Cellulare in classe: si o no?

Il ministro Fedeli apre le porte delle scuole agli smartphone. Due professori a confronto. E tu cosa pensi?


“Una follia”, per alcuni. “Un’opportunità”, per altri. Al via dell’anno scolastico, il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli dice sì all’uso agli smartphone nelle aule scolastiche dai 13 anni, convinta che si tratti di strumenti “che facilitano l’apprendimento” e ha incaricato una commissione parlamentare di stilare le linee guida per promuovere i cellulari di ultima generazione a strumenti didattici

È bufera, davanti alle scuole, sui social. Anche i professori sono divisi, ecco due posizioni a confronto. Contrario il Professor Alessandro Condina, che insegna latino e italiano al Liceo linguistico Agnesi di Milano. Favorevole Daniela Molinari, professoressa di matematica e fisica al Liceo Scientifico “Decio Celeri” di Lovere

PROFESSORI CONTRARI AL CELLULARE IN CLASSE: È UNA BARRIERA TRA DOCENTI E STUDENTI ED UN MEZZO CHE FRAMMENTA LA CLASSE

Alessandro Condina: No, il cellulare è uno strumento di comunicazione estraneo alla classe, allontana dalla situazione, ti porta fuori dal contesto. In aula dovrebbe esserci dinamica comunicativa tra docente e alunni, nei due sensi e questo schermo è una barriera. Non va demonizzato, ma va preso per quello che è, uno strumento per comunicare, non didattico. Si sta caricando di aspettative una tecnologia che non ha le caratteristiche adeguate. L’apprendimento deve farlo la persona, lo scambio delle procedure e delle informazioni è tra persone. La Lim e Internet in classe in questo senso aiutano, io le uso molto, mi danno spunti e nello stesso tempo insegno un modo corretto dell’uso della rete. Sono gestite e usate dal docente come mezzi per lo scambio. Se ogni studente ha in mano uno smartphone è inevitabile l’effetto straniante. Siete mai stati a tavola con qualcuno che ha in mano il cellulare? Riuscite a conversare normalmente? Anche facendo un “patto educativo” con i ragazzi, è impossibile rispettarlo. Gli stimoli, i messaggi, arrivano dall’esterno, anche se non sono loro a cercarli. Sapete quante volte ho ripreso uno studente che stava rispondendo a un messaggio? E molte volte arrivava proprio da mamma o papà, che sapevano benissimo che il figlio era in classe in quel momento. Infine c’è l’aspetto economico. Smartphone in classe significa che è la scuola che deve fornirli, uguali, a tutti. Non si può imporre l’acquisto alle famiglie. Una spesa possibile? E proprio necessaria?

DOCENTI FAVOREVOLI ALLO SMARTPHONE IN CLASSE: È UNO STRUMENTO UTILE E UN MODO PER PARLARE IL LINGUAGGIO DEI RAGAZZI

Daniela Molinari: Si, il cellulare in classe è un utile strumento didattico. Io lo faccio usare, per esempio per fare brevi filmanti degli esperimenti di fisica o per registrare le mie lezioni in modo che poi le possano risentire a casa. Il rischio distrazione c’è, come noi d'altronde ci distraevamo giocando a battaglia navale con foglio e penna. Basta fare un patto educativo tra le parti: io scuola riconosco la validità e utilità dello strumento però lo usi secondo le esigenze condivise dalla classe. Non per tuo uso personale ma didattico.  Certo, capita di doverli riprendere, ma piano piano ci si abitua a rispettarsi. Inoltre portare in classe lo smartphone significa parlare il loro linguaggio, è un modo per diminuire la distanza scuola mondo, è un testare uno strumento che i ragazzi usano quotidianamente. È anacronistico dire teniamoli fuori perché sono già dentro scuola, almeno usiamolo per la didattica.

 

Per approfondire questo argomento: leggi l'intervista a Redoc


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