Scuola e lavoro: puntiamo su pratica e personal coach per i ragazzi 

DigitAlly: ecco gli strumenti e le competenze da avere per battere la disoccupazione. Abituiamoci a imparare per tutta la vita.


In collaborazione con

Novakid

“Formazione pratica basata sui tool del digitale e basta alla separazione studio/lavoro e teoria/ pratica. Questo è il futuro dell’apprendimento”. È sicura Francesca Devescovi, CEO di DigitAlly, la start up a vocazione sociale che forma ragazzi under 30 nei ruoli più richiesti, quelli digitali: analista dati, specialista in digital marketing e e-commerce. “Esiste uno Skillmatch da colmare tra la disoccupazione giovanile elevata e i tanti posti vacanti nel digitale nelle imprese. Questo vuol dire che il mondo della scuola e del lavoro non si parlano”.

Per ragazzi qual è il futuro dell’apprendimento?

Il futuro deve riuscire a combinare skill digitali e umane (le soft skill), la teoria e la pratica, lo studio al lavoro. Lo sforzo, soprattutto negli ultimi anni delle superiori, deve essere la vicinanza e la maggiore conoscenza di ciò che chiedono le imprese. Non raccontare solo la storia, ma insegnare facendo progetti reali e vissuti. Il nostro approccio in Italia è antico: non facciamo coding, c’è pochissima matematica, i programmi non cambiano da decenni. Non vuol dire abbandonare la teoria (lasciamo il greco e il latino) ma allineiamoci al mondo del lavoro. Sono eccellenze gli ITS in Italia, orientati alle nuove tecnologie e alleate al mondo aziendale. L’alternanza scuola lavoro funziona negli istituti tecnici, ma funziona malissimo nei licei. È sbagliatissimo. Tutti dovrebbero fare settimane pratiche in azienda. L’ottica accademica della divisione netta tra studio lavoro è un’ottica morta. I dati lo dimostrano. Con questo sistema la disoccupazione giovanile è arrivata a più del 30%

Come cambierà la formazione?

Partendo dall’idea che deve esserci un mix continuo di formazione e lavoro da subito e per sempre. Basta al: 20 anni di scuola poi 40 di lavoro. Lo schema non è più attuale. Le competenze digitali sono fondamentali e vanno acquisite tutta la vita. Oggi, rispetto al passato, ci si aspetta che una persona, dalla scuola fino alla pensione, si formi da solo, dedichi tempo e risorse a formarsi, per disegnare il proprio futuro. Fin dai bambini va insegnato che si studia per sempre, ma in modo diverso, non solo la teoria, ma tutto ciò che è competenza digitale che ci porta e tiene nel mondo reale del lavoro.

Si va verso percorsi personalizzati per il nuovo apprendimento?

Credo molto nel personalized learning, ma diversificare i programmi nelle scuole e nelle università è difficile. Per questo sono utili i personal coach, figure che accompagnano i ragazzi, singolarmente, per motivarli, ingaggiarli e aiutare a trovare la propria metodologia per studiare lo stesso programma. Nei corsi che proponiamo tutti i ragazzi sono seguiti da un personal coach che allena, motiva e assicura che i ragazzi siano ingaggiati e monitorati. Ognuno ha modalità di apprendimento diverso, questo va riconosciuto. E queste figure aiutano. Sarebbe bellissimo che ogni ragazzo avesse un coach a scuola e all’università.

Quali sono le competenze digitali chiave che un ragazzo/a dovrebbe avere alla fine delle superiori?

Excel innanzitutto (importante avere la certificazione Microsoft). È il tool più richiesto dalle aziende. Bisogna saperlo usare benissimo.

No coding: piuttosto che imparare a inventare nuovi codici esistono già tool che possono essere customizzati. È utilissimo e strategico conoscere questi tool. Come WordPress (per creare siti) o shopify (per e-commerce)

Soft skill: la responsabilità nell’affrontare il proprio percorso. Per chi è indeciso o non passa esami a numeri chiuso e quindi si iscrive alla sua seconda scelta senza concludere, meglio un anno sabbatico e iniziare a lavorare o fare un percorso pratico… Il background pratico è e sarà ancor più fondamentale.

Cosa abbiamo imparato in tema apprendimento dalla pandemia?

Innanzitutto, si è sdoganata l’idea che la formazione online sia di qualità e più accessibile e democratica. Oggi anche in Italia abbiamo imparato che puoi seguire corso tenuto dall’altra parte del mondo, con gli stessi standard di qualità, senza muoverti e quindi spendere.

Poi abbiamo accelerato l’acquisizione di competenze digitali. Anche i bambini delle elementari hanno fatto un passo avanti nell’uso dei tool. Ma soprattutto i docenti hanno innalzato le loro competenze (le ricerche dimostravano che gli alunni erano più istruiti digitalmente degli insegnanti) e hanno reso più digitale il modo di lavorare.

Abbiamo finalmente visto le mancanze del sistema educativo italiano, che è molto teorico e non avvicina, ma allontana i ragazzi dal lavoro. Rispetto al resto d’Europa gli studenti italiani studiano molto di più ed entrano nel mercato del lavoro più tardi. La scuola e l’università italiane non preparano al lavoro, vivono troppo slegate dal monto del lavoro. E questo significa per i giovani fare una fatica pazzesca poi a entrare nel mondo del lavoro. Questa modalità di apprendimento a distanza ha reso l’insegnamento più pratico. Con meno tempo a disposizione e meno momenti relazionali le materie sono state insegnate in modo più pratico, con più ricerche online, più project work. E si è visto che funziona, ora questo non va perso.

 

 

 

Photo by Compare Fibre on Unsplash

 


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Scuola e lavoro
Intervista a Francesca Devescovi, CEO di DigitAlly

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