Outdoor Education: la via per la Fase2 dei bambini a Milano
Via libera alla outdoor education per bambini e ragazzi. Il decreto del governo autorizza dal 18 maggio gli enti interessati e il terzo settore a organizzare questo tipo di attività in giardini, parchi e fattorie didattiche. I progetti devono rispettare le stesse prescrizioni richieste ai centri estivi: piccoli gruppi, rapporto numerico, igiene e pulizia ecc.… Ma cosa è l’outdoor education, come è declinabile in città e cosa si può fare nella pratica a Milano? Ne abbiamo parlato con quattro esperti, che da anni, con regolarità, si occupano di educazione all’aperto.
OUTDOOR EDUCATION: COSA È LA PEDAGOGIA DELL’EDUCAZIONE ALL’APERTO
L’Outdoor Education (OE) è un orientamento pedagogico (nato in Germania e diffuso soprattutto nel Nord Europa) che si basa sull’utilizzo dell’ambiente naturale come spazio privilegiato per le esperienze e per l’educazione.
“L’educazione all’aria aperta non è solo lo stare fuori, in ambienti selvatici (campi, boschi…), ma vuol dire cogliere al cento per cento l’ambiente in cui si vive, anche quello cittadino. L’educatore (o insegnante o maestro) usufruisce degli stimoli sensoriali, creativi e intellettuali che il mondo fuori offre per permettere lo sviluppo di un sentimento di biofilia, passione per la vita, la natura, empatia verso il mondo fuori dalla nostra tana”, spiega Francesca Ianocita, fondatrice del progetto di educazione all’aria aperta La Yurta nel Bosco che da 10 anni propone libere attività nel bosco per bambini e adulti e che collabora con il nido e scuola dell'infanzia La Giocomotiva proprio su un progetto di outdoor education.
“Outdoor Education non significa semplicemente giocare all’aperto, deve esserci una chiara intenzionalità educativa, un progetto, una formazione precisa degli educatori. Si parte dal decidere che lo spazio “fuori” è fondamentale per la didattica. Non si improvvisa” precisa Cinzia D’Alessandro, pedagogista, fondatrice de La Locomotiva di Momo
“E’ una pratica educativa in cui tutto si sviluppa seguendo i ritmi naturali del contesto, lo stare fuori come setting educativo. Fuori non è solo il campo, ma anche l’ambiente urbano è il “fuori”. Come una pigna può essere usata in modo educativo, anche le strade di Milano possono esserlo. Possono insegnare, se si seguono metodologie ben precise e si progetta, pensando che è l’ambiente a guidare educatori e bambini”, spiega Anna Podestà, pedagogista, fondatrice della Scuola Dadà e esperta di educazione proattiva
OUTDOOR EDUCATION: COSA FANNO I BAMBINI E GLI EDUCATORI
“All’esterno è bene mantenere le linea guida della giornata: accoglienza, attività, spuntino … Ma bisogna tenere presente che è l’ambiente a guidarti. Il giardino un giorno ti fa fare una cosa, ma se piove il giorno dopo ti farà fare una cosa diversa. Gli educatori devono usare lo spazio esterno come setting educativo e in quello e con quello lavorare tramite progetto. E bisogna tenere presente che le metodologie sono molto più lente, perché natura è lenta…Ed è richiesto all’insegnante di essere molto proattivo, deve progettare per sostenere la risposta del bambino nel momento dell’azione e per cogliere cosa offre il contesto e restituirlo al meglio al bambino. Il concetto del mutare setting educativo obbliga insegnante e bambino a uscire da schema educativo tradizionale” spiega Anna Podestà
“E’ un’aula verde, dove la pedagogia è basata sull’ascolto, sul guardare, sul cogliere l’occasione che ti viene data dal fuori. Educatori e insegnanti sono tutor che accompagnano quello che accade. Devono saperlo cogliere e rilanciare, avendo un programma con un obiettivo, ma esplorando. L’outdoor education è gioco destrutturato soprattutto. Questa è una buona occasione per capire il valore del gioco destrutturato” racconta Francesca Lanocita
“Dal punto di vista didattico puoi fare tutto. Dalla pittura al gioco con le corde, alla raccolta di materiali alla fotografia. Non esiste il problema del cosa fare fare ai bambini all’aria aperta. L’ambiente ti aiuta nella progettazione”, continua Cinzia D’Alessandro
“Noi facciamo accoglienza nell’aia, per mezz’ora. Solo lì i genitori si incontrano. Poi c’è un breve momento in un luogo al chiuso e da lì parte la giornata all’aperto. Attività manuali, artistiche, passeggiate, accudimento degli animali. Anche il pranzo è all’aperto. Per fare educazione all’aperto servono spazi in sicurezza e possibilità di entrare in contatto con elementi naturali. E serve che i genitori e gli educatori mettano in conto che qualche rischio c’è, all’aria aperta. Dall’inzupparsi se piove, alla puntura di insetto”, racconta Mauro Veca della fattoria didattica Apepè che è anche scuola dell’infanzia all’aperto per bambini dai 3 ai 6 anni
INTRATTENIMENTO ALL’ARIA APERTA PER L’ESTATE DEI BAMBINI: COSA SERVE PER FARLO A MILANO CITTA’
“L’intrattenimento all’aperto è diverso dall’educazione all’aperto, ma anche in questo caso bisogna prepararsi e tenere in considerazione molti aspetti” consiglia Cinzia D’Alessandro
- Serve conoscere i luoghi dove si organizza l’attività, per conoscerne possibilità e rischi
- Bisogna avere sempre con sé la scorta di acqua e il cibo necessario
- Se nel gruppo ci sono bimbi piccoli si deve allestire uno spazio per il riposo. I bambini dormono benissimo all’aperto, ma l’area va studiata
- Serve avere un ricovero, uno spazio attrezzato al chiuso, una tensostruttura che serve in caso di emergenza, di temporali e per il bagno. Sarebbe molto bello che venissero attrezzati i parchi cittadini
- Le attività dovrebbero essere organizzate in continuità con un dentro, con una struttura scolastica o parascolastica che sia in grado di assolvere alle funzioni che ha il “dentro”. Altrimenti si rischia di offrire un’esperienza forzata
foto: la yurta nel bosco
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