Gravidanza e nascita: un film crea la memoria della tua famiglia
Hai presente le conserve della nonna? Quei vasetti che, appena sviti il tappo, senti un profumo capace di portarti indietro nel tempo? Quelle marmellate che, appena ne spalmi un po’ sul pane, assapori gusti e sapori di casa? Ecco: immagina di aprire una conserva in cui la tua famiglia ha raccolto i ricordi di quanto sei nato. Ricordi freschi - voci, pensieri, emozioni, sensazioni delle settimane prima del parto, dei giorni in cui sei arrivato a casa e dei primi momenti che hai vissuto come “famiglia” – da gustare con tutti i sensi molti anni dopo per capire cosa provavano i tuoi genitori quando ti hanno accolto nel mondo. Per scoprire cosa succedeva intorno a te quando ancora non avevi memoria. Oggi si può, grazie alle videoconserve (si chiamano proprio così!). Ovvero dei film, girati da registi professionisti, capaci di rispondere al desiderio profondo di conoscere la propria storia, di capire da dove veniamo e quanto siamo amati.
“Capsule del tempo”, le definiscono Gessica e Josè, film-maker, che hanno inventato le videoconserve durante la pandemia, chiusi in casa ad aspettare l’arrivo del loro secondo figlio. “Guardando una vecchia foto di mia mamma con il pancione mi sono chiesta cosa provasse in quel momento, che paure e pensieri avesse. Purtroppo però non se lo ricordava”, spiega Gessica. “In quel momento ho sentito un grande vuoto e il bisogno di riempirlo”. Creando, per suo figlio e per tanti altri bambini, un ricordo che andasse oltre l’immagine piatta di una fotografia e oltre i dati della cartella clinica. “Un ricordo intero”. Per catturarlo quando è fresco, Josè e Gessica hanno creato un kit che consegnano ai futuri genitori. Una scatola che contiene due taccuini, due audio recorder su cui registrare i propri pensieri in una sorta di diario sonoro, un barattolo in cui raccogliere oggetti significativi e una chiavetta usb su cui è caricato il proprio film, con circa 3 giorni di girato tra il pre e post partum.
“Siamo una famiglia che racconta altre famiglie”, precisano i due film-maker che di norma iniziano a lavorare con i futuri genitori intorno al sesto o settimo mese di gravidanza. Il primo passo per creare una videoconserva è un incontro su zoom in cui capire come è composta la famiglia (di parenti o di amici o di…) e cosa si vuole raccontare, in base a questo viene creato un piano di produzione e, quindi, si inizia a girare. Nella quotidianità della casa, del lavoro, del quartiere. La storia da raccontare è ogni volta diversa, come spiega Josè: “Abbiamo incontrato un futuro papà che, per far vivere il figlio a contatto con la natura e lontano dallo smog, aveva in programma di traslocare fuori città e di comprare un auto per andare in ufficio. Proprio lui che odiava le macchine e girava solo in bicicletta. Così abbiamo deciso di riprenderlo in bici per far vedere al figlio quella versione del papà che non avrebbe mai conosciuto”.
Un progetto che suona quasi come una provocazione nell’era dello storytelling fai da te col cellulare e dello sharenting, ovvero la moda, tra i genitori, di condividere immagini dei figli fin da piccolissimi. “C’è un problema di educazione all’immagine”, denuncia Gessica. “Oggi funziona così: scatti, posti e dimentichi. Non assapori più il ricordo e in più eserciti un controllo totale su ciò che pubblichi”. Le videconserve (nome comune di cosa che prima di Gessica e Josè non esisteva), invece ti spingono a fare il contrario. “Dedichi del tempo a raccogliere ricordi freschi da assaporare in futuro e deleghi il racconto della tua storia a un altro”. Cambia il punto di vista, cambia l’orizzonte temporale, cambia il tipo di ricordo che costruisci per un figlio.
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