Salute mentale: come aiutare i teenager
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Sono i numeri a dare la dimensione del fenomeno. Non sono dati statistici, ma i tanti psicologi ed esperti del settore con cui Radiomamma ha parlato concordano: le richieste sono aumentate, perlomeno raddoppiate. I ragazzi e i loro genitori chiedono aiuto dopo la pandemia, anzi forse è meglio dire ancora durante l'emergenza perché quella della salute mentale è un'ondata con conseguenze che potrebbero andare avanti anni.
Cosa sta succedendo ai nostri figli adolescenti? E, soprattutto, cosa serve per portare un aiuto concreto e immediato alle famiglie? Radiomamma e Santagostino, cui arrivano continue richieste di aiuto da parte dei genitori, hanno cercato di scoprirlo con questo approfondimento in quattro puntate sull'emergenza salute mentale per le famiglie.
In questa terza puntata:
- L'EMERGENZA
- LE PROPOSTE CONCRETE DEGLI ESPERTI PER AIUTARE I RAGAZZI
RABBIA, ANSIA, RITIRO SOCIALE, DISTURBI ALIMENTARI, RISSE, COMPORTAMENTI AUTO LESIVI: I SINTOMI SEMPRE PIU' GRAVI DEL DISAGIO GIOVANILE IN PANDEMIA
A lanciare l'allarme è stata l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS): nel 2021 un adolescente su cinque ha messo in pratica comportamenti autolesivi. E se a Roma l'ospedale Bambin Gesù dichiara che il numero di richieste d’aiuto e consulenze specialistiche per autolesionismo e tentativo di suicidio è quasi raddoppiato, a Milano gli fa eco Alessia Bajoni, responsabile del servizio adolescenti (13-21 anni) del Santagostino che parla di un aumento di richieste di aiuto dei genitori fra il 60 e il 100%, cresciuto con il ripetersi delle restrizioni, quasi una reazione post traumatica. La fascia di età più colpita è quella fra i 14 e i 19 anni. "Sui più piccoli sono i genitori a venire a chiedere aiuto, ma è abbastanza comune che lo faccia anche il ragazzo magari passando dallo psicologo scolastico. Molti riferiscono ansia e difficoltà a uscire di casa e fobia a stare in mezzo agli altri. Per tanti c'è ansia scolastica con la difficoltà di riprendere la scuola in presenza e quindi interruzione degli studi. Sono cresciute le depressioni, anche gravi, con tentati suicidi. A questo si aggiungono disturbi alimentari, uso di sostanze e aumento della conflittualità in famiglie e con i pari".
Carlo Trionfi, psicologo e psicoterapeuta, direttore scientifico del Centro Studi Famiglia di Milano, segnala almeno un raddoppio di segnalazioni e un forte peggioramento delle situazioni con una netta divisione. "Alcuni ragazzi hanno risposto alla pandemia con maggiore resilenza, diventando più forti. Sono stati temprati da questa esperienza. Per altri è stato l'opposto. La maggior parte dei ragazzi ha sviluppato sintomatologie sempre più gravi, anche di carattere rabbioso che si è mostrato nell'aumentata violenza giovanile nelle strade, un dato che è evidente nei dati di cronaca, e nel bullismo. Dall'altra parte ci sono ragazzi che vivono una situazione di ritiro sociale, di reclusione che ormai prescinde dalle misure sanitarie. Non è più una paura, una risposta reattiva esagerata al lockdown, ma una sintomatologia conclamata".
ADOLESCENTI: IL FALLIMENTO DELLA SCUOLA CHE NON AIUTA I RAGAZZI AD AVERE SPERANZA E FIDUCIA
La scuola è fondamentale per la socializzazione e il fatto che ragazzi entrati alle superiori due anni fa comincino a conoscersi solo adesso non ha aiutato i più fragili. "La scuola è entrata in crisi, non è stata in grado di dare una risposta di sostegno dal punto di vista relazionale ai ragazzi. Si è posta in una dimensione valutativa, preservando questo aspetto rispetto a quello di accoglienza. Sono aumentate anche per questo depressione e ansia. La scuola invece di arginare i conflitti li esaspera", aggiunge Trionfi. "Anche nelle occupazioni scolastiche ha prevalso l'atteggiamento di danneggiamento, non quelli di gestione creativa della situazione scolastica alternativa. Ha prevalso l'aspetto rabbioso. La rabbia dei ragazzi va a rovinare una forma di evoluzione, la possibilità dei teenager di andare avanti nel loro percorso di sviluppo. La scuola non è riuscita nel suo lavoro di costruire nei ragazzi la speranza per il loro futuro", conclude Trionfi.
Spiega Alessia Bajoni: "Il primo periodo è stato forse di attesa. Man mano che i ragazzi hanno poi perso la socialità, lo spazio esterno fondamentale per la loro crescita e per costruire la loro individualità, si sono resi conto di quello che stava succedendo e hanno iniziato a manifestare la sofferenza come accade dopo un trauma". Questi ragazzi si sono trovati a fare salti di crescita imposti confrontandosi con morte e malattia. La mente non era spesso pronta a elaborare tutto questo. "Il dover crescere in fretta ha fatto sentire alcuni ragazzi inadeguati, inadatti ad affrontare il mondo".
Che fare per aiutare i nostri figli?
DISAGIO ADOLESCENTI: POTENZIAMO LA CAPACITA' DI AIUTARSI TRA LORO E SOSTENIAMO I GENITORI
La cosa fondamentale è chiedere aiuto. Per Alessia Bajoni sempre di più però i ragazzi lo fanno senza pregiudizi. Per loro il consiglio è di rivolgersi a un centro che abbia un'équipe multi specialistica e multi professionale. "In alcuni casi basta una psicoterapia o un colloquio con uno psicologo, in molti altri è però importante affiancare un colloquio di sostegno alla genitorialità, interventi di terapia familiare, interventi educativi e anche farmacologici se necessario. Tutto il contesto familiare deve fare passaggi. Nei casi di hikikomori, quando i ragazzi non escono dalla loro stanza, è fondamentale la presenza di un educatore che faccia delle visite domiciliari e che accompagni fuori il giovane. Per attacchi di panico e depressioni gravi serve una terapia farmacologia. Il problema va affrontato in maniera sistematica".
"E' necessario continuare a lavorare per dare speranza verso il futuro ed è fondamentale il sostegno reciproco fra i ragazzi. L'aiuto psicologico è fondamentale, ma non sufficiente. Deve essere affiancato a strategie di sostegno fra pari: dalla chiamata al compagno che non va a scuola agli scout. Bisogna ricostruire reti di socializzazione positive, di progettazione condivisa. Si deve ripartire da questa dimensione di solidarietà" dice Trionfi. "Se il ragazzo non esce è la socialità che deve poter entrare in casa. Spesso le famiglie di questi ragazzi hanno in generale scarsa vita sociale. Bisogna far diventare la casa un luogo vitale, un centro di socializzazione. La famiglia è il luogo di preparazione alla socialità dell'età adulta e se si chiude troppo fornisce l'impressione che ci sia un esterno che può fare del male al figlio. Bisogna creare una dimensione positiva e con conflitti meno accesi possibili". Il Centro Studi Famiglia ha un percorso on line gratuito per aiutare i genitori a rispondere alle difficoltà nate dalle pandemia. C'è la disponibilità a interventi nelle scuole che hanno chiamato molto durante il periodo del lockdown, ora a chiamare di più sono i comitati genitori.
Per leggere le altre puntate dell'approfondimento sull'emergenza salute mentale nelle famiglie clicca qui:
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