Diritti infanzia: anche se vanno a scuola, i bambini non imparano
“Anche se vanno a scuola, i bambini non imparano”. Nella giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, Bo Viktor Nylund, direttore di Unicef-Innocenti, il centro mondiale di ricerca e visione strategica del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, snocciola numeri impressionanti: “Due bambini su tre nel mondo all’età di 10 anni non sono in grado di leggere e comprendere un semplice testo scritto e tre su quattro, alla stessa età, non sanno fare semplici operazioni di matematica. Siamo difronte a una crisi globale dell’apprendimento”. Una crisi di cui Unicef ha calcolato il possibile impatto: “Questa generazione di studenti rischia di perdere 21 trilioni di dollari in potenziali guadagni nel corso della vita”, spiega Nylund, “una cifra pari al 17% del prodotto interno lordo mondiale”.
Quali sono le cause della crisi?
Bo Viktor Nylund: Oltre alla pandemia, che ha causato un forte abbandono scolastico, sicuramente la poca motivazione dei docenti e la scarsa percentuale di insegnanti, presidi e leader donne nel mondo dell’educazione. Sulla mancanza di motivazione, in parte causata dai bassi salari e dall’inflazione galoppante, è importante dire che oggi più che mai servono insegnanti con un approccio e un’attitudine positiva in classe, elementi fondamentali per creare una buona atmosfera e consentire davvero a bambini e ragazzi di apprendere.
Perché servono più donne nel mondo della scuola?
Bo Viktor Nylund: Dalle nostre ricerche sul campo, per esempio recentemente in Laos, risulta che le scuole guidate da donne hanno migliori performance sull’apprendimento. Questo perché insegnanti, presidi e manager donne hanno un approccio più soft ed inclusivo dei colleghi che, per esempio, funziona bene sulla motivazione degli insegnanti.
Le Nazioni Unite hanno fissato una percentuale ideale di insegnanti e leader donne da avere in ciascuna scuola, un po’ come avviene con i kpi sulle donne manager nelle aziende?
Bo Viktor Nylund: No, ma è un buon suggerimento. Oggi in alcune aree dell’Africa sub-shariana, appena un preside su 10 di scuola elementare è donna. Oltre alla rappresentanza di genere bisogna lavorare sulla qualità del curriculum scolastico, le procedure ci sono ma i tempi per aggiornarlo nei vari Paesi sono lunghi e questo, purtroppo, spesso va in contrasto con i desideri della politica che sul fronte dell’educazione vuole risultati a breve termine.
Servono nuove competenze per gli insegnanti?
Bo Viktor Nylund: Sì, ma non solo. Bisogna strutturare una vera educazione alla diversità, all’inclusione, alla non discriminazione. Serve far passare, tra le righe dei libri e nelle varie attività, dei valori importanti sulla rappresentanza, sulle minoranze, sull’empatia. Se ti senti accolto e accettato, apprendi meglio.
Noi genitori che ruolo possiamo giocare in questa sfida?
Bo Viktor Nylund: motivare i figli ad apprendere e ad essere curiosi. Questa crisi dell’apprendimento è anche una crisi delle bambine. Quando c’è la povertà, le famiglie tendono a privilegiare l’istruzione dei maschi sulle femmine. Sul tema abbiamo un obiettivo chiaro - ogni bambino ha il diritto all’istruzione - ma siamo ancora lontani dal raggiungerlo e ci sono problemi anche nei Paesi occidentali.
Quanto è importante un tipo di educazione e comunicazione “peer to peer” sul tema della crisi dell’apprendimento?
Bo Viktor Nylund: Molto. Stiamo parlando di un’emergenza che in alcuni contesti è difficile da vedere e dunque va innanzitutto riconosciuta. Sia gli adulti sia i ragazzi sul sito di Unicef-Innocenti possono trovare video e altre risorse da usare per approfondire ed essere sensibilizzati sul problema.
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